1991: Quando l’Unione Sovietica cessò di esistere

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Immaginatevi di essere a Mosca e prendere un taxi.
Salite e chiedete al tassista in inglese, oppure gli porgete un biglietto con scritto in russo, di portarvi all’aeroporto.
Il taxista vi risponde in un buon inglese e chiacchierate per tutto il percorso.
È un tipo interessante.
Esteticamente è il tipico russo dei film: occhi azzurri e sguardo duro.. calcolate che avrà 60 anni circa, portati bene: ha i capelli bianchi ed è un po’ stempiato, ma si vede che cura il suo fisico e, nonostante gli abiti dimessi, anche il suo aspetto.
Mentre il tassametro corre e allo stereo cantano gli svedesi Abba, attraversando le vie di Mosca date un’occhiata alle foto che ha sul cruscotto.. si tratta di foto di famiglia: in una, vicino a lui, c’è una donna della stessa età, in un’altra due donne sulla trentina – probabilmente le figlie – stringono dei bambini, certamente i nipoti.. poi ci sono tante foto di cani con, sullo sfondo, paesaggi innevati.
Tra un chiacchiera e l’altra scoprite che è nato a San Pietroburgo, è un appassionato di judo e che ha vissuto a lungo in Germania dove lavorava – dice – per l’esercito.
Si interessa anche di politica e ha una precisa visione della politica russa: “La dissoluzione dell’URSS è la più grande catastrofe geopolitica del XX secolo”, vi dice solenne.
Alla fine arrivate all’aeroporto. Pagate il simpatico tassista e gli lasciate anche una bella mancia.
Che incontro piacevole vi ha riservato il vostro ultimo giorno in Russia: una persona davvero interessante! Anche il nome, chissà perché, ha un che di particolare.. il taxista si è presentato infatti quando vi siete salutati, vi ricordate bene il suo nome: si chiama Vladimir Putin.
Per quanto surreale questo sarebbe potuto avvenire davvero, in un oggi alternativo.
Infatti nella sua biografia Vladimir Putin, l’attuale signore di tutte le Russie, sostiene di aver seriamente pensato, nel 1991, di lasciare il suo posto nel KGB per fare il tassista.
Quanto all’affermazione “la dissoluzione dell’URSS è la più grande catastrofe geopolitica del XX secolo” Vladimir Putin lo ha dichiarato davvero, nel 2005.
..ma andiamo con ordine!
Il 26 dicembre del 2021 ricorre un anniversario importante, molto importante: i 30 anni dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica.
Quanti di voi lo sapevano?! Appunto..
Per questo motivo la puntata di oggi è dedicata alla storia europea, in particolare alla dissoluzione dell’Unione Sovietica.
La dissoluzione dell’Unione Sovietica
Tutti iniziano questa storia con la caduta del muro di Berlino, nel 1989.
E invece no.
In realtà l’inizio vero della dissoluzione dell’Unione Sovietica risale al 1985, con l’elezione di Michail Gorbačëv alla carica di segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS).
Gorbačëv desidera riformare radicalmente la politica sovietica e basare questo nuovo corso su due semplici concetti: la perestrojka (letteralmente “ricostruzione” o “ristrutturazione”, ossia una serie di riforme economiche/politiche/sociali) e il glasnost’ (ossia la trasparenza).
Questo porta alla fine della Guerra Fredda, ma fa anche emergere molte scomode verità fino ad allora rimaste nascoste: la grave crisi economica, la fragilità della politica, le fortissime spinte indipendentiste presenti..
In ogni caso i segnali di cambiamento negli anni successivi sono molti, ad esempio..
Il 23 dicembre 1986 il famoso dissidente Andrei Sacharov, viene invitato da Gorbačëv stesso a tornare a Mosca.
Il 29 novembre 1988 termina ogni interferenza dello stato per impedire ai russi di ascoltare le trasmissioni radio straniere.
E poi certo..
Il 9 novembre 1989, in Germania dell’Est, cade il muro di Berlino.
Il muro simbolo della Guerra Fredda cade in una notte tra balli e fiumi di alcool, senza che un solo colpo di fucile sparato o una sola goccia di sangue sia versata.
Il 3 ottobre 1990 le due Germanie si riuniscono e torna ad esistere una Germania unita.
A questo punto Gorbačëv inizia una serie di riforme costituzionali per separare il Partito Comunista dallo Stato: dopo due anni di tira e molla, il 7 febbraio 1990 il Partito Comunista cessa di essere l’unico partito di Stato in Unione sovietica.
Quello stesso anno, il 1990, Gorbačëv vince il premio Nobel per la pace.
Nel corso del 1990 si tengono le prime libere elezioni nelle 15 nazioni che compongono l’Unione Sovietica
In ben sei repubbliche il Partito Comunista perde le elezioni, elezioni in cui vincono i partiti nazionalisti a favore dell’indipendenza.
Queste sei repubbliche sono: Lettonia, Lituania, Estonia, Moldavia, Armenia e Georgia.
A pochi mesi dal voto le repubbliche baltiche si dichiarano indipendenti, in quest’ordine: Lituania, Estonia, Lettonia.. ma il governo centrale russo non ne riconosce l’indipendenza.
Il 17 marzo 1991 si tiene in Unione Sovietica un referendum: si chiede ai cittadini sovietici se vogliono che l’unione continui ad esistere in modo rivisto e riformato.
Il 76,4% dei votanti si dice a favore, ma le sei repubbliche prima citate rifiutano di partecipare al referendum, boicottandolo.
Il 12 giugno 1991 viene eletto presidente della Russia Boris El’cin, che vince sul candidato sostenuto da Gorbačëv.
Ora fermiamoci un attimo e vediamo il problema.
Una nuova Unione Sovietica (?)
Cosa voleva fare Gorbačëv?
Gorbačëv voleva salvare il salvabile dell’Unione Sovietica, traghettarla fuori dalla guerra fredda e verso il futuro senza troppi scossoni.
Perché lui lo aveva capito: un brusco passaggio, uno strappo dal vecchio al nuovo avrebbe creato conseguenze molto gravi nel lungo periodo, causando una frattura insanabile nella società e lasciando spazio ad abusi, se non ad una dittatura.
Nel corso dell’estate del 1991 Gorbačëv fa proprio questo: tenta di trasformare l’Unione Sovietica in una federazione di repubbliche indipendenti, unite sotto un solo presidente eletto in libere elezioni.
Il trattato per mettere in pratica tutto questo si chiama Nuovo Trattato dell’Unione e deve essere firmato il 20 agosto 1991.
Il giorno prima però, il 19 agosto 1991, il vice di Gorbačëv, Gennadij Janaev, il Primo Ministro Valentin Pavlov, il ministro della Difesa Dmitrij Jazov, il ministro dell’Interno Boris Pugo, il capo del KGB Vladimir Krjučkov (e altri alti funzionari) tentano un colpo di stato per mantenere al potere il Partito Comunista e preservare l’Unione Sovietica.
Il colpo di stato non stupisce: non sono in pochi a voler preservare il passato e, soprattutto, i propri privilegi.. oltre che il proprio lavoro e stipendio!
Va anche poi considerata la situazione generale dell’Unione Sovietica in quegli stessi anni: cibo, medicine e beni di consumo sono scarsi, l’inflazione è alle stelle, le scorte di carburante la metà di quanto necessarie, i salari statali in ritardo cronico.
A tutto questo si accosta una credibilità estera ai minimi storici: dal ritiro dall’Afganistan (ne abbiamo parlato nella puntata n106) a quella che è ormai una fuga, quasi scomposta, delle repubbliche parti dell’unione, che scalpitano per ottenere l’indipendenza.
Il colpo di stato del 1991
Il colpo di stato avviene così: il 19 agosto 1991 Gorbačëv viene recluso nella sua dacia in Crimea e a Mosca il potere viene assunto da funzionari dissidenti.
Il colpo di stato non ha però il sostegno popolare, in particolare non è sostenuto dagli abitanti delle grandi città russe e dalle altre repubbliche che compongono l’Unione Sovietica.. inoltre l’esercito si rifiuta di sparare sulla folla.
Boris El’cin, presidente russo, coglie l’occasione e si mette a capo della resistenza al golpe.
Senza entrare nei dettagli dei giorni seguenti, basta dire che il 21 agosto 1991 il colpo di stato implode e Gorbačëv torna a Mosca.. ma ormai la situazione è in mano a El’cin.
Del tentativo del golpe del 1991 ci danno una chiara fotografia poche ma iconiche immagini:
I capi del golpe che, in mondovisione, dichiarano di aver preso il potere e che il comunismo resterà al Cremlino (e mentre lo dicono tutti, in tutti i paesi del mondo, vedono chiaramente le loro mani che tremano)..
El’cin in piedi, sicuro e deciso, su un carro armato davanti al Parlamento moscovita che parla alla folla diventando il simbolo della resistenza al golpe..
Gorbačëv con la moglie e la nipote, stanco e provato, più simile a un uomo in fuga che a un capo, che scende dall’aereo che lo riporta a Mosca..
Fallito il colpo di stato e messo ormai Gorbačëv politicamente in secondo piano, l’Unione Sovietica crolla come un castello di carte: gli stati che compongono l’unione si dichiarano indipendenti uno dopo l’altro.
L’8 dicembre 1991 viene stipulato tra i leader di Russia, Ucraina e Bielorussia l’Accordo di Belaveža o di Minsk: il trattato che sancisce la cessazione dell’Unione Sovietica come soggetto di diritto internazionale e come realtà geopolitica e istituisce, al suo posto, la Comunità degli Stati Indipendenti (cit. da Wikipedia).
Il 12 dicembre la Russia lascia, per ultima, l’unione.
Tra l’altro.. il 15 dicembre 1991 muore Vasilij Grigor’evič Zajcev, famoso cecchino ed eroe della battaglia di Stalingrado (della Seconda Guerra Mondiale), un vero e proprio simbolo dell’Unione Sovietica: questo viene visto da molti come la fine di un’epoca.
Il 25 dicembre del 1991, il giorno di Natale, Gorbačëv si dimette da presidente dell’Unione Sovietica: la carica viene contestualmente abolita e i suoi poteri trasferiti a quella di presidente della Russia, ossia a El’cin.
Il giorno dopo il Soviet Supremo dissolve formalmente l’URSS: quindi il 26 dicembre 1991 l’Unione Sovietica cessa di esistere.
Le Russia dopo l’Unione Sovietica
La fine dell’Unione Sovietica è così indolore e pacifica.. almeno teoricamente.
Il colpo di stato fa infatti solo tre morti civili e tutti si aspettano che il comunismo sia abbandonato tra balli e canti, come è caduto il muro di Berlino.
Ma la realtà è un’altra.
Negli anni successivi si realizza proprio quello che Gorbačëv aveva cercato di evitare.
Le guerre civili scoppiano uno dopo l’altra e ad oggi non sono ancora finite: si pensi all’annessione della Crimea, alla Bielorussia governata dall’ultimo dittatore d’Europa, allo stato fantasma della Transnistria o alla polveriera della dimenticata Cecenia.
Inoltre la politica russa ha fatto un bel giro ed è tornata alla striscia di partenza..
A poco più di un secolo dalla Rivoluzione d’Ottobre, sul trono degli zar siede di nuovo qualcuno.. qualcuno che in alternativa avrebbe fatto il taxista!
Beh, considerando l’utopia comunista, Stalin, Lenin e tutta la storia russa dell’ultimo secolo, credo che Marx saprebbe cogliere l’ironia della situazione.. no, non intendo Karl Marx – l’autore de “Il Capitale” o del “Manifesto del Partito Comunista” – intendo Groucho Marx, il comico statunitense!
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FONTI
“Trent’anni senza pace: caduto l’impero sovietico restano crisi e autocrati”, Anna Zefesova, La Stampa, 19/08/2021
“Mosca, agosto 2021: il suicidio dell’URSS”, Manlio Graziano, Il corriere della Sera, 18/07/2021