Il Vlora: quando l’Albania sbarcò in Italia

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Il Vlora: quando l’Albania sbarcò in Italia

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L’Italia è stata per molto tempo, quasi un secolo e mezzo, un paese di emigrazione, ossia un paese da cui la gente andava via, una nazione i cui abitanti partivano in cerca di un mondo migliore.. e ne sono andati via tanti: un totale di circa 30 milioni di persone.

Oggi l’Italia è invece una meta di forte immigrazione, come penso tutti sappiate.

Quand’è iniziato tutto?
Qual’è stata la chiave di volta di questo cambiamento?

Secondo molti l’evento che ha segnato la svolta, l’inizio delle ondate migratorie verso l’Italia, se non altro a livello di percezione, è stato l’arrivo del Vlora, esattamente 30 anni fa, nell’agosto del 1991.

Ma andiamo con ordine.

 

La storia del Vlora

Cos’è il Vlora?

Il Vlora è, o meglio era, un mercantile: costruito nel 1959 ad Ancora, viene varato nel 1960 e, l’anno dopo, venduto all’Albania.
Per trent’anni è un mercantile tra i tanti che solca i mari e gli oceani trasportando merci.
 Nel 1991 è ormai vecchio e malconcio.

Il 7 agosto del 1991 il Vlora si trova a Durazzo, importante porto albanese: il mercantile viene da Cuba, ha attraversato l’oceano con un carico di zucchero di cui è in corso lo scarico.

L’Albania dei primi anni ’90 è un paese povero, certo, ma soprattuto un paese con una storia recente molto difficile.
Il suo dittatore Enver Halil Hoxha (attenzione: si legge “Hogia”!) ha governato la nazione con pugno di ferro dal 1944 al 1985, anno in cui è morto, imponendo un regime comunista di stampo marxista-leninista.
Ossessionato da possibili invasioni straniere e sempre più sospettoso anche nei riguardi degli altri paesi comunisti, Hoxha ha chiuso l’Albania in un isolamento assoluto durato 40 anni e sopravvissuto alla sua morte: nel 1991, a sei anni dalla morte del dittatore e due anni dopo la caduta del muro di Berlino, le riforme in Albania sono ancora pochissime, il controllo sulla popolazione più che presente.

Il porto di Durazzo, come tutti i porti del paese, è zona militare: nessuno può decidere di lasciare l’Albania senza l’autorizzazione dello Stato.. autorizzazione, di fatto, impossibile da ottenere!

Quindi il capitano del Vlora, Halim Milaqi, è stupefatto quando vede quella che definirà una “lava umana”, tanto è fitta la folla di persone riversatisi nelle banchine in direzione della nave. Giunta al Vlora la folla letteralmente innonda la nave: migliaia di persone salgono a bordo, in ogni modo possibile.
Invece di intervenire, molti militari del porto, dopo aver buttato in mare le armi, si uniscono a loro salendo sulla nave.

La nave è vecchia, un motore è in avaria, non c’è acqua: sarebbe una follia attraversare il mare in quelle condizioni con una tale folla a bordo! Ma al capitano Milaqi viene ordinato, coltello alla gola, di fare immediatamente rotta verso l’Italia: sicuro di essere ucciso se disobbedisce, l’uomo accende il motore di riserva e il Vlora parte.
A bordo il numero di persone è tale da far apparire la nave un immenso formicaio.

La distanza tra la costa albanese e quella italiana è, nel suo punto più breve, di soli 85 km (Valona-Otranto), ma la distanza tra Durazzo e Brindisi, dove è diretto il Vlora, è di 150 km circa.
Inoltre, entrato nelle acque territoriali italiane, il Vlora viene fermato da una fregata della Marina Militare Italiana che ordina al capitano di invertire la rotta. Via radio Milaqi spiega che non è possibile: verrebbe ucciso e la nave andrebbe alla deriva portando a morte certa il suo carico umano.

Il Vlora viene quindi dirottato verso Bari, distante 250 km da Durazzo: così si guadagnano 7 ore per organizzare, in qualche modo, quello che la Marina Militare Italiana annuncia come una grave emergenza e i più definiranno una situazione da girone dantesco.

L’8 agosto del 1991 il Vlora entra nel porto di Bari.

Appena la nave attracca il suo carico umano sciama nella banchina: la foto che ritrae lo sbarco è famosa e impressionate, la trovate qui se non l’avete mai vista.

Viene fatto un conteggio sommario e appare la spaventosa cifra di 20mila:

il Vlora ha trasportato circa 20mila persone.

Si tratta del più grande sbarco di profughi mai avvenuto in Italia fino a quel momento. Infatti vi erano stati altri sbarchi provenienti dall’Albania ma mai così ingenti, mai così tante persone tutte insieme.

Bene e in tutto questo le istituzioni italiane che fanno?

Prima di tutto: ricordiamo che è agosto.
Ve li ricordate gli agosti degli anni 80 e anni 90? Le città si svuotavano, l’Italia si paralizzava e andava al mare: di fatto tutto chiudeva e riapriva a settembre.
Bari non fa molta eccezione: molte delle figure di spicco, di governo della città sono in vacanza. Dal comandante dei vigili urbani al vescovo, tutti sono in ferie.
Per non parlare dello Stato italiano inteso come istituzioni!

Ad accogliere il Vlora al suo arrivo c’è solo il sindaco di Bari, Enrico Dalfino, e il più alto in grado non in ferie dei vigili urbani (il comandante e il suo vice sono in vacanza).

Il Comune di Bari cerca di gestire l’emergenza al di là del colore politico: il sindaco è democristiano ma, vista la situazione, convoca il capogruppo dell’opposizione Gianni Di Cagno (esponente del pci-pds) e lo vuole accanto a sè per tutta la durata dell’emergenza.

La situazione d’altronde è grave: 20mila profughi in una città, Bari, che conta 80mila abitanti.

I profughi vengono in larga parte spostati nello Stadio della Vittoria dove la situazione degenera in poco tempo, anche a causa della decisione dell’allora Ministro degli Interni, Vincenzo Scotti, di chiudere lo stadio trasformandolo in una sorta di prigione a cielo aperto.

I giorni passano e, mentre i profughi attendono sotto il caldissimo sole di agosto, divisi tra lo stadio e la banchina del porto dove ha attraccato il Vlora, inizia una polemica tra il Comune di Bari e il Governo italiano.

Il sindaco di Bari ritiene non si possano rimandare indietro i profughi, mentre lo Stato, il Governo Andreotti VII, sottolinea che accogliendo tutti si darebbe il via libera a nuovi e ancora più ingenti sbarchi.

Il sindaco arriva a definire lo Stadio della Vittoria un lager e il trattamento riservato ai profughi disumano: per tutta risposta Francesco Cossiga, presidente della Repubblica italiana, lo definirà un cretino, auspicandone la rimozione.

Tra l’altro.. Vi dice nulla tutto questo? Sono esattamente le stesse discussioni che oggi infiammano gli animi quando si parla di immigrazione!

Dà una chiara fotografia della situazione Vito Leccese, all’epoca giovane assessore del Comune di Bari, che ha recentemente dichiarato:

“lo Stato decise di affrontare l’emergenza come un’operazione di Polizia, mentre l’amministrazione locale avrebbe voluto che fosse gestita come un’operazione di protezione civile“.

Quindi come va a finire?

In estrema sintesi, alla fine, lo Stato italiano rimpatria gran parte dei profughi albanesi: molti vengono convinti ad accettare il rimpatrio (con soldi e altro), altri rimpatriati con l’inganno.
Alcuni, pochissimi, scappano, a volte grazie all’aiuto della popolazione locale e delle stesse autorità preposte ai controlli, e restano in Italia: in tutto sono circa un migliaio.

 

Emigrazione e immigrazione in Italia oggi

Parlando di immigrazione in Italia voglio ora ricordare a tutti una cosa.

Abbiamo detto che l’emigrazione italiana è un fenomeno del passato.. in realtà, per certi aspetti, l’Italia resta anche oggi un paese di emigrazione: non sono pochi gli italiani che lasciano il Belpaese ogni anno.

Certo i moderni italiani emigranti sono molto diversi da come erano in passato, all’epoca dei nostri genitori, nonni o nelle decadi ancora precedenti.

I miei parenti si sono sparpagliati per il mondo: ricordo bene i racconti di zie, zii e altri parenti emigrati in Francia, in Inghilterra o negli Stati Uniti, e di mia nonna che mi raccontava della sua migliore amica, partita come sposa di guerra alla volta dell’Australia (tra l’altro senza conoscere un sola parola d’inglese!).
La mia esperienza di emigrante all’estero è stata molto diversa: sono partita, una laurea in tasca e un lavoro lì ad aspettarmi, verso destinazioni di cui conoscevo la cultura, la lingua e le abitudini, spesso nazioni che avevo già più volte visitato.. e ho viaggiato in un comodo volo di linea che, in un viaggio relativamente breve e confortevole, mi ha portato senza intoppi a destinazione.

Un tempo si lasciava l’Italia scappando dalla fame e dalla miseria, oggi si emigra per avere un lavoro migliore, fare carriera e guadagnare di più.. e per vivere in un paese che dia maggiori garanzie per il futuro dei propri figli.
È la così detta fuga di cervelli: infatti gli italiani che oggi lasciano l’Italia hanno, in media, un livello di istruzione elevato e ottime prospettive di lavoro.

Quindi, certo: l’emigrazione italiana di oggi non è neanche lontanamente paragonabile all’immigrazione di cui il nostro paese è oggetto.

Però, pensateci un attimo: l’emorragia di talenti che sta lentamente dissanguando il tessuto sociale del nostro paese è presa sotto gamba dallo Stato esattamente come lo è l’immigrazione.

Si pensa di risolvere tutto con una legge, un editto: rimandiamo in Tunisia una nave carica di ghanesi, mentre facciamo una legge per scontare le tasse per 5 anni al medico italiano che ritorna a vivere a Grosseto da Londra.. poi foto davanti alla stampa e tanti complimenti reciproci e pari e patta!

Ma non funziona così.

Arginare in questo modo le disastrose conseguenze di decadi di scelte politiche sbagliate è come pensare di curare una persona travolta da un tir con un cerotto e un bacino! Che poi.. non è che il cerotto e il bacino non siano utili – per carità, lo so sono anche – ma da soli non servono a nulla.

All’epoca dello sbarco del Vlora in un articolo firmato da Enzo Bettiza sul quotidiano La Stampa si chiedeva:

Si è mai vista la storia fermarsi davanti all’ingiunzione di un maresciallo dei carabinieri?”.

Oggi questa domanda, o meglio la sua parafrasi, vale per entrambe le situazioni del nostro paese: sia per l’immigrazione che per l’emigrazione.

 

Guardiamo la storia: studiando il passato possiamo prevedere il futuro.

Nel 1991 l’Italia ha affrontato il primo vero ingente sbarco di immigrati: lo ha fatto in modo giusto o sbagliato.. hai fini del nostro discorso ora neanche importa.. in ogni caso oggi possiamo avere una chiara visione d’insieme del perché il Vlora è arrivato, come è stata gestita la situazione e le sue conseguenze nel tempo.

La mia domanda a questo punto è:

Considerando la situazione attuale.. quindi considerando gli sbarchi a Lampedusa, considerando la fuga di cervelli, considerando la società italiana nel suo insieme, considerando le politiche del lavoro e il debito pubblico italiano.. considerando tutto questo e molto altro ancora.. possiamo davvero dire di aver imparato qualcosa dal Vlora?

 

Ascolta “Ep104 – Il Vlora: quando l’Albania sbarcò in Italia” su Spreaker.


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FONTI:

 

FOTO d’EPOCA:

 

La foto della pagina ritrae il porto di Durazzo oggi e viene da un sito di stock.