Vivere in Norvegia

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Mentre ero sull’aereo che mi portava in Norvegia pensavo alla mia infanzia e a quanto è strana la vita.
Mi spiego.
Non sono mai stata un tipo da eroi: non ho mai davvero avuto un gruppo musicale o un attore per cui morire. Certo avevo un gruppo preferito o un cantante preferito, ma non mi sarei mai alzata all’alba per andare ad uno dei loro concerti o fatto ore di coda per aggiudicarmi l’ultimo cd/dvd fresco di stampa il giorno dell’uscita.. allo stesso modo non avrei mai campeggiato davanti a un cinema per vedere l’ultimo film della star di turno.
Io non avevo “miti”.
Però.
Però c’erano persone, perlopiù personaggi del passato, che ammiravo o la cui vita, in qualche modo, mi attraeva. Questo perché io, la loro vita, avrei voluto viverla!
Uno di questi era ed è Roald Amundsen, esploratore norvegese dei Poli, il primo a raggiungere il centro del Polo Sud nel 1911 e nel gruppo di coloro che per primi sorvolarono il Polo Nord nel 1926.
Ho letto, nel corso della mia adolescenza, tutto quello che ho trovato sulle esplorazioni artiche e antartiche e, naturalmente, su Roald!
Anche se sono freddolosa per natura, ho sempre desiderato vedere i deserti di ghiaccio, andare in Antartide e.. vivere in Norvegia.
A 15 anni ho stilato la lista delle 10 cose da fare prima di compiere 35 anni e una di queste era vivere in Norvegia!
E proprio a questo pensavo nel settembre di qualche anno fa mentre, su un piccolo trabicolo volante che la compagnia aerea norvegese chiama aereo, sorvolavo i fiordi vicino a Bergen!
Ma partiamo dal principio.
Come sono arrivata in Norvegia?
Ho partecipato e vinto un concorso europeo che prevedeva di passare un tot di mesi come assistente insegnante in una scuola pubblica estera, una sorta di tirocinio degnamente retribuito.
La lunghissima domanda di partecipazione richiedeva, tra le altre cose, di indicare cinque nazioni europee di destinazione.
Devo dire che ho fatto domanda senza crederci, in un momento di disoccupazione in cui ho mandato cv a raffica letteralmente ovunque.. quindi, alla scelta delle cinque nazioni, convinta di non vincere, un po’ con l’aspettativa che si ha quando si compra un biglietto della lotteria di Capodanno, ho indicato cinque nazioni europee dove, all’epoca, non ero mai stata.. e come prima scelta ho messo lei, la mitica Norvegia.
E poi me ne sono dimenticata.
Svariati mesi dopo mi arriva una letterona da Roma che inizia con “siamo felici di comunicarle..”.. Non solo avevo vinto il concorso, ma avevo ottenuto uno dei tre posti per la Norvegia: tra l’altro quello con il periodo di soggiorno più lungo, quasi 10 mesi!
Ma in Norvegia dove?!?
Confesso che, all’inizio, non ci credevo! E devo dire che il mio entusiasmo si è un po’ smorzato quando ho scoperto che non mi mandavano nell’estremo nord del paese come avrei voluto o, al limite, nella capitale: la mia destinazione era un paesino sperduto in un fiordo sperduto nei pressi di Bergen!
All’epoca, non poi tanti anni fa a dire il vero, non vi erano voli diretti a prezzi umani per Bergen dall’Italia: così era necessario cambiare ad Amsterdam oppure a Oslo.. e le coincidenze prevedevano ore di attesa in aeroporto!
Una volta arrivati a Bergen dovevo poi prendere il bus per il mio paesello, bus che aveva davvero poche corse oltre a costare come il fuoco: dopo 2 ore di bus, in cui il bus stesso doveva prendere una nave (!), ero arrivata.
Durata totale del viaggio casa mia in Italia-paesello norvegese? 12 ore circa!!!! Da morire. Me li ricordo ancora quegli interminabili viaggi!!
Ma com’era vivere nel paesino norvegese?
Avete presente quei film dove vi fanno vedere i paesini nordici con la gente che cammina per strada sotto la neve e tutte le vetrine illuminate e le canzoni di Natale? Ecco, no, proprio no!
Come ho scoperto arrivando, il termine “paesino” indicava in realtà: “tutti coloro che più o meno vivono sul fiordo e dintorni”.. quindi nel paesino vero e proprio, ossia nell’agglomerato di case dove abitavo io, vivevano non più di 20/30 persone.
E qualche gatto.
Per fortuna amo i gatti.
In inverno non ho mai visto, camminando per strada, più di 2 o 3 persone nel corso della settimana e meno nel week end.
Anzi a dire il vero nel week end in inverno sembrava di essere in uno di quei film horror dove un virus misterioso ha ucciso tutti e il protagonista se ne va in giro da solo per le strade deserte.
Inoltre il paesino era costituito da 5 o 6 case intorno a una strada asfaltata schiacciate tra la montagna coperta dalla foresta e il fiordo: se volevi fare una passeggiata potevi solo camminare avanti e indietro lungo il fiordo (500 metri in tutto) o dentro e intorno al supermercato.
Dalla finestra di casa mia vedevo 1 casa e, subito dietro, dietro la foresta.. e io ero nel CENTRO del paese.
La foto presente in questa pagina ritrae proprio il paesino norvegese dove ho trascorso quasi un anno: la foto è fatta nel centro del paese!
Come è stato il mio anno in un fiordo norvegese?
Strano.
Da un punto di vista lavorativo è stata una pacchia.
Bella scuola, colleghi gentili, ragazzi educati: devo dire che ho lavorato bene e con calma.
Dal punto di vista umano..
Beh, i norvegesi sono molto chiusi, soprattutto qui, in un paesino vicino a Bergen che è una delle zone più tradizionaliste della Norvegia: voglio dire, sono gentili, sorridenti, ottimi colleghi ma, finito l’orario di lavoro, io ero sola nel modo più assoluto.
Ho passato il lungo e buio inverno norvegese in completa solitudine e sono sopravvissuta grazie a libri, film e internet! Ho visto tanti film, letto tantissimo e imparato il portoghese (sì, il portoghese, non il norvegese..).
La mia giornata si svolgeva sempre nello stesso modo.
Mi svegliavo alle 6 e mezza e in dieci minuti ero in strada per andare a piedi a lavoro: tanto erano pochi metri.
Alle 7 iniziavo a lavorare: eh, sì, di solito nel nord le giornate iniziano prestissimo.. cosa che per me, che sono una nottambula, non era proprio il massimo!
Alle ore 11 c’era la pausa pranzo che io saltavo perché per me era decisamente troppo presto.
Alle ore 14 tornavo a casa e facevo pranzo.
E poi? E poi niente.
Facevo la spesa e cucinavo. Leggevo. La sera guardavo un film.
Facevo due passi due: quello che permetteva lo spazio ridotto del lungo fiordo senza usare l’auto o rischiare la vita nel bosco. Dovete infatti sapere che in Norvegia tutti hanno la passione della caccia: essere scambiati per un cervo e finire impallinati è un attimo nella bella stagione.. quanto all’inverno.. beh, questa è natura selvaggia: addentrarsi nel bosco nel buio inverno non è proprio una grande idea.
Il buio inverno?!?
Ah, già il buio!
Avrete sentito parlare della notte e il giorno artico, no? O del sole di mezzanotte!?
Bergen e il fiordo dove vivevo era ed è certamente distante dal Circolo Polare Artico, ma anche abbastanza vicino da permettere di assistere in parte al fenomeno.
Nei mesi invernali la giornata era cortissima: il 21 dicembre è durata, lo ricordo bene, da mezzogiorno a mezzogiorno e quaranta circa!
E dopo? E dopo era notte.
Ma non la notte a cui siamo abituati noi italiani, cittadini di una delle nazioni più densamente popolate (e di conseguenza illuminate) d’Europa: qui la notte era proprio Notte con la n maiuscola. Qui era nera, scura, infinita.
Tranne nelle notti di luna piena chiaramente!
Ricordo che una sera sono uscita a buttare delle bucce di mele e cipolle nel contenitore dell’umido.
Mentre arrancavo nella neve con i miei scarponi.. perché, vi spiego: il bidone era ad una decina di metri dalla porta di casa mia, ma per uscire all’esterno era necessario vestirsi di tutto punto perché la temperatura era di circa 10 gradi sotto zero e il terreno pieno di neve! Tranquilli a Bergen fa più caldo se ci andate (di solito piove sempre) ma in un fiordo sperduto fa più freddo!
Comunque, tornando a noi, sono lì che arranco, guardando bene dove metto i piedi per evitare di scivolare e rompermi qualche ossa.. e vedo che proietto un’ombra. Davvero: era buio, solo un flebile lampioncino illuminava le case ma io avevo l’ombra, ombra, tra l’altro, nella direzione sbagliata rispetto alla posizione del lampioncino.
Alzo lo sguardo e mi rendo conto che non era la lucina del lampione ante guerra a rischiararmi la strada, così come non era quella a permettermi di avere un’ombra la notte. Era la luna.
Eh sì! La luna piena qui, soprattutto in estate e in primavera ma non solo, è enorme e fa luce!
Avete presente la canzone tintarella di luna? Ecco.
Credo di essere rimasta una decina di minuti ad ammirare la luna in tutto il suo pallido splendore.
E l’estate?
E poi c’è l’estate!
Non ho visto il sole di mezzanotte dal mio fiordo, ma ho visto una delle notti più corte della mia vita (almeno finora!): il sole è tramontato verso mezzanotte e alle tre di notte era di nuovo giorno.
La notte estiva poi è chiara, ha dei colori strani, sembra che il sole si nasconda dietro le nuvole colorandole di mille colori con sfumature di blu, viola, rosa e giallo.
Alla fine com’è stato il mio anno in un fiordo norvegese?
Nel mio anno in un fiordo norvegese ho avuto molto, molto, molto ma proprio molto tempo per me stessa.
Vivere agli antipodi, immersa nella notte nordica, per quasi un anno è un’esperienza di vita.
Non nego che sia stata dura, ma è una di quelle cose che un giorno racconterò ai miei figli: lo dico a costo di essere retorica, ma è vero!.. In fondo è come dire: “ho fatto windsurf in Australia tra gli squali: ci ho quasi rimesso le penne e non lo rifarei, ma posso dire che l’ho fatto!” (non so se mi spiego).
Con questo concludo anche se ci sarebbe molto altro da dire sul vivere in Norvegia: dal piatto nazionale, la pizza surgelata, allo stile di vita degli autoctoni.. questo e molto altro credo che lo potrete leggere nel corso del 2021 in un mio ebook sull’argomento!
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